Negli ultimi anni ho visto vincere troppo spesso la cultura della performance a tutti i costi: tutti in bella mostra, tutti uguali, tutti belli, tutti magri, tutti ricchi, tutti a fare le stesse cose per ottenere gli stessi risultati con la convinzione di DOVER SEMBRARE INVINCIBILI per poter essere felici e realizzati.
Eppure è quando ci permettiamo di essere umani, di accettare le nostre cicatrici e le nostre imperfezioni, che possiamo riconoscere quelle degli altri e costruire davvero relazioni profonde, che fanno la differenza, che rendono il mondo un posto migliore.
Ecco perché ho creato un metodo che da oltre 12 anni uso nei miei percorsi di coaching e formazione e dallo scorso anno finalmente insegno in un Master: niente protocolli preconfezionati, niente fretta, niente paragoni, niente "se vuoi puoi". Nessuno resta indietro.
Ho avuto al fortuna di crescere con mia nonna. Una di quelle da film: tosta, dal cuore grande e sempre pronta ad abbracciarti forte.
Pugliese doc, abitava in una casa di ringhiera che aveva sempre la porta aperta. La chiamavano tutti zia o nonna, tanto che per tutta la mia infanzia ho faticato a capire quali fossero i parenti veri.
Poi ho capito.
Non faceva differenza.
La nonna si prendeva cura di tutti, poco importava se fossero nipoti o vicini di casa o figli del panettiere sotto casa. In casa era sempre un viavai di persone, bastava chiamare: “nonna aggiungi un piatto!”.
Non ho amici che non l’hanno conosciuta o che non hanno mangiato il suo sugo almeno una volta. Ci ha lasciati nel 2010, aveva 94 anni.
Il suo funerale sembrava un funerale di stato: la chiesa piena di persone sedute, in piedi, dentro e fuori e la maggior parte non sapevo nemmeno chi fossero. Mi guardavo attorno e sentivo solo aneddoti che la riguardavano, sorrisi di gratitudine e affetto vero e sincero.
Non avevo mai visto un funerale del genere, se non in tv.
Mia nonna si prendeva cura delle persone, perché “questo si fa, altrimenti cosa stiamo al mondo a fare?” Questo le avevano insegnato. E questo lei ha insegnato a me. Senza cuore non esiste relazione. E senza relazioni non siamo niente.
Oggi la chiamano empatia. Mia nonna la chiamava vita.
Fabrizia
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Mamma e donna innamorata. Milanese per caso, pugliese nel dna.
Adoro i talent, Maria De Filippi, il tennis, i fiori di bach, il caffè zuccherato e la torta di mele.
Sgarbuglio cose e persone da oltre 15 anni.
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